Abbiamo già avuto modo di parlare della questione energetica, un argomento importantissimo e sempre troppo poco considerato e che merita una nuova attenzione a seguito dell’intervento legislativo dell’Unione Europa in questa direzione. Lo scorso 13 novembre, infatti, è stato approvato l’EU’s Renewable Energy Directive (REDII), il documento che norma e obbliga gli stati membri dell’Unione Europea al raggiungimento degli obiettivi per lo sfruttamento delle energie rinnovabili entro il 2030. Vediamo quindi di conoscere meglio quali sono gli obiettivi fissati dal REDII e cosa cambia per i Paesi dell’Unione Europea.
Cosa troverai in questo articolo:
Le novità del REDII
Una prima novità molto significativa è quella che gli obiettivi fissati dalla direttiva sulle energie rinnovabili sono vincolanti per i Paesi membri dell’Unione Europea e non solamente indicativi. E il primo vero traguardo che il Parlamento europeo ha voluto approvare è che entro il 2030 il consumo di energie rinnovabili rappresenti almeno il 32% dell’intero consumo lordo dell’Unione Europea. Questo, a margine, mostra ancora una volta quanto siamo al di sotto della valorizzazione di questo tipo di risorse.
Obiettivi imminenti
Per sensibilizzare e responsabilizzare ulteriormente tutti gli Stati dell’Unione Europea si è disposto anche che i primi interventi debbano partire già dalla fine del 2019 per poi essere rivisti e valutati ogni dieci anni. Ogni stato membro, infatti, dovrà proporre un piano decennale relativo alla propria nazione, sul clima e sull’energia, nel quale siano previsti le misure e le politiche da mettere in atto per il raggiungimento degli obiettivi fissati.
Gli altri obiettivi previsti dalla direttiva sulle energie rinnovabili (REDII) sono relativi alla riduzione del 40% delle emissioni di CO2, da raggiungere entro il 2030, e che le fonti rinnovabili siano impiegate almeno al 14% nel settore dei trasporti.
I biocarburanti di seconda generazione
L’energia impiegata nei trasporti è uno degli obiettivi più interessanti sul quale fermare la nostra attenzione. Nel pacchetto normativo Energia pulita per tutti gli europei (che ha raccolto i provvedimenti legislativi del Parlamento Europeo) si legge come i biocarburanti di seconda generazione debbano fornire almeno il 14% di tutto il carburante impiegato per il trasporto. Riepiloghiamo quello che è il punto della situazione dei biocarburanti:
- Biocarburanti di prima generazione: quelli derivanti da colture alimentari (palma, soia, canna da zucchero, mais);
- Biocarburanti di seconda generazione: quelli che utilizzano i residui di mais o la biomassa dei residui agricoli;
- Biocarburanti di terza generazione: quelli derivanti da materie prime migliorate geneticamente;
- Biocarburanti di quarta generazione: quelli prodotti da microrganismi geneticamente modificati.
C’è quindi una stretta sui biocarburanti di prima generazione che a partire dal 2030 non saranno più considerati parte delle energie rinnovabili. Il problema è che questi biocarburanti sono considerati responsabili del cosiddetto cambiamento indiretto dei terreni, dell’aumento dei prezzi finali dei prodotti alimentari e, ancora, di perdite energetiche al etto dell’emissione di gas serra.
Il ruolo diretto dei cittadini
Un’altra novità particolarmente interessante è quella relativa al ruolo diretto dei cittadini dell’Unione Europea. Stando infatti agli accordi raggiunti tra le istituzioni i cittadini europei avranno la possibilità di partecipare direttamente alla riduzione delle emissioni e al miglioramento dei consumi energetici, divenendo essi stessi produttori di energia pulita. Come spiega Sergio Costa, Ministro dell’Ambiente: “Finalmente i cittadini europei potranno diventare produttori di energia e questo cambierà il modello produttivo energetico. Vogliamo rafforzare la filiera e provare a colmare le lacune degli ultimi anni per consentire alle imprese italiane di svolgere un ruolo più rilevante nella competizione internazionale con soluzioni tecnologiche innovative”.
Il primo passo
Con il REDII, come commentano gli addetti ai lavori, si è intrapreso un percorso, importante certo, ma che non può essere considerato concluso e risolto. Oltre ad un cambiamento culturale, che deve rivoluzionarie più che cambiare l’approccio dei cittadini ai consumi energetici, molto bisogna ancora fare in materia di raffreddamento e riscaldamento che, ad oggi, rappresentano quasi la metà dei consumi energetici di tutta l’Unione Europea.