Tra le conseguenze più significative che le settimane di lockdown hanno provocato, ci sono da registrare i problemi di natura psicologica. L’incertezza di questo periodo, legata alla paura e l’insicurezza di un futuro ancora più instabile e indefinito del solito, ha portato molte persone a richiedere un supporto psicologico. È diffusa la percezione di paura, che rischia di generare circoli viziosi dai quali diventa difficile uscire e liberarsi.
Un fenomeno che colpisce a 360° sia lavoratori dipendenti che autonomi, professionisti e imprenditori, nessuno escluso. Per comprendere meglio qual è il tipo di supporto psicologico adeguato a questa fase di cosiddetta ripartenza, abbiamo avuto il piacere di intervistare lo psicologo, psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale e Sessuologo Clinico dott. Francesco Basilico, con il quale abbiamo affrontato questo articolato discorso, cercando di fare chiarezza e individuare i punti fondamentali dai quali partire per ripartire.
Dottor Basilico, quali sono i maggiori problemi che le persone hanno dovuto subire e affrontare nella fase di lockdown?
«La difficoltà principale è la perdita della speranza, la disperazione, l’incertezza, la mancanza di una prospettiva nel futuro. Quindi se vogliamo, clinicamente la possiamo definire come un’ansia, il percepire una minaccia non definita, ma che c’è, proiettata nel futuro. L’ansia è un’emozione che proviamo sempre tutti quanti e deriva da questo pensiero, dall’idea che ci sia una minaccia e che non riusciamo a definirla»
Quali sono le conseguenze provocate da questa situazione?
«Una minaccia grande che il più delle volte si va a configurare come il fallimento o la chiusura della propria attività lavorativa o della propria impresa, il non riuscire a essere in grado di portarsi avanti con i conti e con l’onorare i contrati con la clientela e con i dipendenti. È una visione buia e disperata della situazione, quindi non rosea, ma piuttosto negativa e con dei risvolti infausti»
Di cosa si ha bisogno per poter superare questa fase e riuscire a ripartire?
«Sicuramente quello di fermarsi e non farsi prendere dal panico, ovvero chiedere consiglio e consulenza agli esperti nel settore. Se ho un problema economico mi rivolgo al mio commercialista, dato che mi fido del mio consulente, e chiedo per poter avere delle risposte su quelle che sono le mie necessità… in modo realistico organizzo il da farsi»
Per quel che riguarda l’aspetto psicologico, invece, quali consigli può dare a chi si rende conto di avere bisogno di aiuto?
«Dal punto di vista psicologico invito le persone a rivolgersi a un consulente specializzato, come può essere uno psicologo o uno psicoterapeuta, che in qualche maniera può aiutare a gestire la situazione e dare uno slancio per il futuro. Se c’è una persona che vede le cose nere e mi faccio invadere da questa sensazione ed emozioni, specie quella della tristezza e dell’ansia, queste a un certo punto arrivano anche a bloccare il flusso dei pensieri di quella persona e quindi le sue capacità di discernere e prendere delle decisioni adatte per quel momento e per quella situazione. L’aiuto è quindi quello di dipanare un po’ la nebbia che si è creata in questo periodo di lockdown e iniziare a ripartire e sbloccare un la situazione a livello psicologico, condizione che mi permette anche di trovare delle soluzioni differenti.
Se ci si chiude in un angolo, a piangersi addosso e a pensare quanto si è sfortunati o che il proprio futuro è finito, perché non si riesce a portare avanti quello che era il progetto iniziale, sicuramente non si riesce nemmeno a trovare le soluzioni possibili a quel problema. Nel momento in cui mi sblocco da questa impasse che sto vivendo, riesco anche a trovare una soluzione. Che molte volte sono anche soluzioni creative che possono permettere di ripartire anche abbastanza velocemente»
In questi mesi c’è stato un aumento delle richieste di supporto psicologico?
«Sì, sia durante che dopo il lockdown. Nella fase successiva ci sono i postumi del lockdown che ha portato tante persone a chiedere aiuto per risolvere problematiche psicologiche. Anche quelle non generate dal lockdown, che magari erano già esistenti, ma non invalidanti e disfunzionali per la persona, ma che nel momento in cui c’è stata la chiusura, in presenza di nuovi eventi stressogeni, hanno portato alla necessità di chiedere aiuto»
I due mesi di quarantena, con tutto quello che li ha contraddistinti (paura, insicurezza, eccetera), hanno provocato danni molto importanti; il supporto psicologico riesce a essere risolutivo in questo senso?
«Il problema è un altro ed è nel momento in cui non ci rivolgiamo a qualcuno e facciamo passare tanto tempo dal primo momento in cui si presenta la problematica e c’è il rischio di una cronicizzazione. Quindi più passa il tempo più diventa difficile riuscire a trovare una soluzione.
Se sto a casa e se sto a piangermi addosso, le soluzioni non le trovo. Bisogna mettersi in movimento e cercare di trovare una soluzione costruttiva, anche con i propri dipendenti, perché poi alla fine un’azienda è come una famiglia. L’azienda crea lavoro e dà lavoro alle persone, nasce dall’imprenditore, ma poi si mantiene con i lavoratori e quindi anche le soluzioni vanno cercate, il più possibile, anche con loro. La cosa da capire è che non si è mai soli, in qualunque cosa. Anche se ci si sente soli e abbandonati, in realtà non si è soli, c’è sempre qualcuno a cui rivolgersi per chiedere un aiuto, un consiglio, un suggerimento. Naturalmente un professionista quale Psicologo o Psicoterapeuta è sempre più risolutivo».