Mentre si parla di “fase 2” e di come permettere un ritorno graduale alla normalità, è tempo per le aziende, di passare ai fatti. Come? Accedendo al credito d’imposta sulla sanificazione degli ambienti di lavoro. È quanto è stato stabilito dal decreto legge 23 dell’8 aprile 2020 e per il quale il 13 aprile è intervenuta una circolare 9/E dell’Agenzia delle Entrate che chiarisce i dettagli su questo credito d’imposta. Scopriamo di cosa si tratta e perché è stato previsto.
Cosa troverai in questo articolo:
Lavorare in sicurezza
La sanificazione degli ambienti, specie quelli di lavoro, è un atto dovuto. Dovrebbe esserlo sempre, lo è ancora di più in periodo di emergenza sanitaria come quello in seguito alla diffusione del Covid-19 (Coronavirus). L’esigenza di rendere sani i posti di lavoro (fabbriche, uffici, negozi, eccetera) è di vitale importanza, specie in una fase come quella in cui si tenta di ripartire. Senza correre il rischio di vanificare gli sforzi compiuti nelle precedenti settimane.
Più che di un ritorno alla normalità si tratta della costruzione di una nuova quotidianità. Che inevitabilmente passa anche con la messa in sicurezza, per i lavoratori ma anche per i clienti, di tutti i posti di lavoro. La possibilità che il virus si accumuli nei condizionatori dell’aria, così come che il contagio avvenga dalla vicinanza tra le persone (gli ormai celebri assembramenti), è una realtà con la quale bisogna imparare a convivere. Per riuscire a continuare a erogare i propri servizi professionali.
Cosa prevede il credito d’imposta per la sanificazione degli ambienti di lavoro
Nel pieno di questa emergenza è stato ampliato “l’ambito oggettivo di applicazione del credito d’imposta già previsto dall’articolo 64 del decreto-legge n. 18 del 2020”. Questo credito è rivolto a chi ha sostenuto o dovrà sostenere “spese di sanificazione degli ambienti e degli strumenti di lavoro, includendovi anche quelle sostenute nel 2020 per l’acquisto di dispositivi di protezione individuale”.
Questa agevolazione fiscale riguarda, quindi, sia l’acquisto e la fornitura ai propri dipendenti e collaboratori di dispositivi di protezione individuale, che quelli utili a evitare la diffusione del virus. Sempre stando a quanto dichiarato dalla circolare dell’Agenzia delle Entrate, tra i dispositivi di protezione personale rientrano, a titolo di esempio: “mascherine chirurgiche, Ffp2 e Ffp3, guanti, visiere di protezione e occhiali protettivi, tute di protezione e calzari”. Rientrano nel credito d’imposta per la sanificazione degli ambienti di lavoro anche i disinfettanti e i detergenti per le mani. Così come gli strumenti e i dispositivi che hanno lo scopo di “proteggere i lavoratori dall’esposizione accidentale ad agenti biologici o a garantire la distanza di sicurezza interpersonale (quali, ad esempio, barriere e pannelli protettivi)“.
Va sottolineato come tale agevolazione fiscale sia rivolta esclusivamente agli esercenti di attività professionali e d’impresa e non ai privati.
Credito d’imposta sanificazione ambienti di lavoro: l’entità dell’agevolazione
Riepilogando, quindi, le spese ammissibili nel credito d’imposta per la sanificazione degli ambienti di lavoro sono le seguenti:
- spese di sanificazione degli ambienti di lavoro;
- spese di sanificazione degli strumenti di lavoro;
- spese per l’acquisto di dispositivi di protezione individuale dei lavoratori;
- spese per l’acquisto di altri dispositivi di sicurezza dei lavoratori.
Il credito d’imposta, per il quale sono stati stanziati 50 milioni di euro, può essere richiesto per un massimo di 20000€. E nella misura del 50% di tutte le spese sostenute nel 2020.
Come richiedere il credito d’imposta
Circolano molte voci sui criteri di accesso al credito d’imposta per la sanificazione degli ambienti di lavoro, così come quali saranno le modalità di erogazione e fruizione dello stesso, ma non è stato ancora emanato il decreto del Ministero dello Sviluppo Economico che legiferi in materia.
Il comma 2 dell’articolo 64 del Decreto Legge Cura Italia stabiliva che il decreto del Ministero dello sviluppo economico, di concerto con il Ministero dell’economia e della finanze, nel quale si indicavano i “criteri e le modalità di applicazione e fruizione del credito d’imposta anche al fine di assicurare il rispetto del limite di spesa di cui al comma 1” entrasse in vigore entro trenta giorni dal 17 marzo scorso, data di emanazione del decreto Cura Italia.